Le conoscenze tecniche dei Romani erano all'avanguardia anche nella costruzione di tormenta, macchinari in grado di lanciare proiettili pesanti. Il generico nome latino è legato al comune meccanismo usato per ottenere la spinta di lancio, basato sulla torsione di corde. Nel testo di Cesare è riportato l'uso di queste armi; le più comuni erano l'onagro, la balista e lo scorpione.
Progettato per lanciare pietre di grandi dimensioni a distanze relativamente elevate, l'onagro aveva una massiccia struttura in legno all'interno della quale era ospitato il meccanismo di lancio. Quest'ultimo era costituito da una matassa di corde, da un braccio inserito nella matassa e da un palo, contro il quale si esauriva la corsa del braccio. La spinta di lancio era ottenuta nel seguente modo: un argano, azionato dai serventi, metteva in tensione le corde della matassa; con questa operazione veniva abbassato il braccio, all'estremità del quale era presente un alloggiamento per il proiettile. Facendo scattare un dispositivo di bloccaggio, il braccio iniziava la sua corsa e scagliava il proiettile dopo aver impattato sul palo. Quest'ultimo aveva una duplice funzione: da un lato imprimere una spinta di lancio maggiore, dall'altro regolare la traiettoria del proiettile modificando l'inclinazione.
Il vantaggio principale di quest'arma era legato proprio alla traiettoria indiretta e regolabile del proiettile che, raggiungendo altezze elevate, riusciva a superare eventuali fortificazioni e a colpire il nemico.
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