sabato 31 maggio 2014

Murus gallicus

   Tra le pagine dell'opera di Cesare troviamo un'accurata descrizione del murus gallicus, tecnica di costruzione utilizzata dalle popolazioni della Gallia per erigere le mura delle città. Affido la sua descrizione direttamente alla chiarezza del testo di Cesare.
   
    "Le mura delle città galliche erano, generalmente, costruite in questo modo. Venivano collocate a terra delle travi perpendicalari all'andamento del muro e per tutta la sua lunghezza, distanti tra loro due piedi. Queste travi erano collegate tra loro nella parte interna della costruzione e coperte con molta terra. Il rivestimento esterno era formato da grossi blocchi di pietra, resi più solidi incastrandoli negli spazi tra palo e palo. Su questo primo strato, rassodato, ne veniva aggiunto un secondo che conservava gli stessi intervalli, in modo che le travi non si toccassero, ma che ogni trave, a pari distanza dalle altre, poggiasse sui sassi frapposti e ne restasse saldamente unita. E così di seguito era fatta tutta l'opera, fino a completare l'altezza voluta. Questa costruzione non era brutta all'apparenza, offrendo la varietà dell'alternarsi di travi e sassi, che conservavano in linee diritte i loro ordini, ed era poi molto adatta alla difesa delle città, in quanto le pietre garantivano contro gli incendi e il legname contro i colpi dell'ariete, che non poteva sbriciolare il muro, nè sradicare le travi, collegate come erano all'interno con traverse della lunghezza di quaranta piedi." Libro VII XXIII; pagina 389.

giovedì 29 maggio 2014

Lo scorpione

   Discendente diretto della balista, lo scorpione si distingueva per le ridotte dimensioni che garantivano un agevole trasporto ed uso sul campo di battaglia. Venne sviluppato da ingegneri romani in tarda età repubblicana e divenne in breve tempo una delle armi più diffuse nell'esercito romano.


"Un Gallo, davanti a una porta della città, gettava nel fuoco in direzione
della torre pezzi di sego e di pece che gli venivano dati con passaggio
di mano in mano; fu colpito al fianco destro da una saetta lanciata da
uno scorpione e cadde morto. Uno di quelli che gli erano più
vicini, scavalcò il cadavere ed assunse la sua stessa funzione; costui fu
colpito a morte nello stesso modo e un altro lo sostituì, poi un quarto
sostituì il terzo..." Libro VII XXV; pagina 392. 

    Il meccanismo di lancio era del tutto simile a quello della balista. Anche in questo caso, la spinta di lancio era ottenuta tramite due fasci di corde parallele, attraversati entrambi da due pali distinti. Le estremità di quest'ultimi erano collegate ad un carrello, sul quale giaceva l'alloggiamento per il proiettile. Il carrello era posizionato su una trave passante attraverso lo spazio presente tra le due matasse di corde. L'intera struttura era sorretta da un cavalletto. Lo scorpione scagliava dardi di 70 cm circa con tiro diretto. Si otteneva una buona precisione fino ai 100 m; la gittata utile era di circa 400 m.
   Lo scorpione, apprezzato per la sua precisione e per la facilità di trasporto, venne usato diffusamente dall'esercito romano. In particolare, venne impiegato nel tiro di precisione o, sfruttando tutta la sua gittata, in batteria, per svoltire le linee nemiche.

domenica 25 maggio 2014

La balista

   Sviluppata dai Macedoni, studiata dai Romani dal secondo secolo a.C., la balista sfruttava la torsione di corde per scagliare a grandi distanze pietre e giavellotti. Il suo nome deriva infatti dal verbo greco βαλλω, il cui significato è "lanciare".
   La balista era prevalentemente costruita in legno con alcuni particolari metallici. La struttura principale, costituita dal meccanismo di torsione delle corde e da una trave passante per quest'ultimo, era sorretta da un 
"Appena Cesare si accorse di ciò, diede ordine che le navi da
guerra, non conosciute dai barbari e più agili nella navigazione,
si allontanassero dalle navi da carico e, mosse dai remi, si portassero
verso il fianco destro, scoperto, del nemico e che cercassero di respingerlo
mettendo in azione le loro armi da gitto: fionde, dardi, baliste".
Libro IV, XXV; pagina 217.
cavalletto di legno. Il meccanismo di torsione era costruito in questo modo: due matasse di corde parallele erano attraversate da due pali; questi erano collegati ad un carrello, ospitato sulla trave perpendicolare e connesso con una fune ad un argano. Agendo su quest'ultimo, il carrello percorreva la trave mettendo in tal modo in torsione le corde delle due matasse. Infine, azionando un dispositivo di bloccaggio, il proiettile, ospitato in un apposito alloggiamento sul carrello, veniva scagliato. La gittata massima era di oltre 450 m e la traiettoria era meno parabolica di quella ottenuta con un onagro; il tiro poteva essere corretto spostando orizzontalmente e verticalmente la struttura.
   La balista trovò impiego durante la campagna di Gallia e nella spedizione in Britannia; successivamente divenne un'arma diffusa nell'esercito romano e costantemente migliorata. Tuttavia, al tiro più diretto della balista, i Romani preferivano il tiro parabolico dell'onagro, capace di scavalcare le difese e di colpire nemici assediati.