In generale, le navi da guerra romane variavano in funzione del numero di rematori; la più comune era la trireme, così chiamata perchè dotata di tre serie di rematori. Uno dei punti di forza era il rostro, con il quale le navi romane speronavano le navi nemiche provocando ingenti danni; tuttavia, rispetto alle navi dei Veneti, le navi romane avevano il solo vantaggio, come afferma Cesare stesso, "della celerità e della forza dei rematori" (Libro III, XIII; pagina 167) . Non potendo danneggiare le navi nemiche con i rostri, i Romani seppero unire la velocità e la forza delle loro navi con l'uso di falci per sviluppare una nuova ed efficacissima tecnica di combattimento, descritta come segue da Cesare.
"Ma vi era un'arma di grande utilità preparata dai nostri: delle falci taglientissime conficcate ed inchiodate a lunghe pertiche, di forma non dissimile da quella delle falci murali. Queste afferravano e tiravano a sè le funi che legavano i pennoni e le vele agli alberi e le stroncavano, mentre le navi acceleravano la corsa a forza di remi. Una volta tagliate le funi era inevitabile che le vele cadessero, e poichè tutta la forza delle navi galliche era riposta nelle vele e nelle altre attrezzature, perdute quelle, esse erano ridotte all'impotenza...Abbattute le vele, come abbiamo detto, parecchie navi romane circondavano ciascuna una nave veneta ed i soldati si lanciavano all'abbordaggio." (Libro III, XIV-XV; pagine 169,171).
I Romani ebbero dunque il pregio non solo di aver sviluppato conoscenze tecniche tali da realizzare navi di tutto rispetto, ma anche la capacità pratica di saperle utilizzare al meglio in ogni occasione.
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